Emanuele Artibani: “Il mio speaker preferito sono io. Visitate il mio Artibar e capirete perché…”

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Emanuele Artibani: “Il mio speaker preferito sono io. Visitate il mio Artibar e capirete perché…”

di Daniele Priori e Marco Montini

artibaniEmanuele Artibani è la voce del mattino di TeleRadioStereo 2. Dalla sua trasmissione-tribuna che si chiama Artibar arringa, racconta, emoziona. Non a caso, spulciando nel passato di Emanuele, oltre alla sua residenza sentita e convinta a Roma Nord, si registra anche un libro di racconti intitolato “Leggero” di cui lui in una presentazione pare abbia detto che scrivere non è un lavoro ma una necessità. Eggià. La necessità di raccontare, comunicare, farlo da dietro un microfono e trasformarlo in un lavoro del tutto personalizzato. Emanuele ci è riuscito. Per questo è entrato, pressoché di diritto, tra i protagonisti de Le Città on air, la nostra rubrica che parla tutti i mesi della radio e di tutti i protagonisti dell’etere che più di altri riescono a…farsi sentire, 

Emanuele, raccontaci di te. Anzi, meglio: te e la radio…
“Ciao, io e la radio ci siamo incontrati per sbaglio, io accompagnavo un  mio amico a fare una trasmissione sulla boxe, a radio flash, un giorno arrivò in ritardo e cosi per venti minuti, sono stato in diretta, dopo dieci minuti arrivò quello che era il direttore e mi disse, tu da oggi lavori qui”.

Ti piace definirti speaker, dj, parlatore o, senza offesa, cantastorie radiofonico? 
“Accidenti che domanda, allora speaker è il mio mestiere, e lo è tecnicamente, nel senso che la definizione è quella, per il resto faccio radio. in tutta la sua versatilità. molti pensano che fare radio è un gioco e forse lo è per chi si cimenta in trasmissioni sportive approssimative, la radio è altro, è preparazione è improvvisazione è musica è informazione è servizio e svago insieme, un equilibrio difficilissimo che solo editori esperti e smaliziati conoscono.

Ti piace il mondo della radiofonia romana?
“Mi piace il lunedì, quando la Lazio vince e la Roma perde, altrimenti non ascolto radio locali, per scelta. non ascolto da chi non ho nulla da imparare, sembrerà presuntuoso, e infatti lo è, però ora che ci penso da Andrea Torre, si, lui è l’unico dal quale rubo sempre qualcosa.Ma lui non è radio locale, lui è un altro pianeta e basta”.

Quanto è professionale, quanto…da barsport, secondo te?
 “E’ molto professionale il mondo delle radio romane, ma lo è a modo mio, a me non piace ma non crediate che non sia professionale, ci sono dei professionisti che si rivolgono a questo mestiere in modo devoto e nel personale ho una grande stima di loro, per quanto riguarda i mitomani e gli altri nemmeno ne parlo, preferisco siano loro a parlare di me”.

E a livello nazionale? Gli speaker puri esistono ancora? Che pensi dei vip prestati alla radio?
“I vip prestati alla radio sono un offesa a chi ama il mestiere, però se sono bravi va bene lo stesso ed in merito a spekaer di livello, nel senso stretto della parola, ne esistono a pacchi bravi e bravissimi. secondo me indiscutibili sono Platinette, forse uno dei migliori personaggi radio del mondo e non scherzo e ovviamente Ringo. due fenomeni”.

 Perché non è mai nato un sindacato degli speaker?
“Perchè ogni speaker si sente prima donna e al ballo le prime donne si accompagnano solo a uomini, nessuno avrebbe il coraggio di affidare la propria immagine a qualcuno”.

Parlami del tuo Artibar… 
“Il mio Artibar è l’unica trasmissione che esiste nel suo genere a Roma, non cerco lo scoop o l’intervista ad ogni costo non faccio marchette e ospito solo chi dico io quando dico io. Il mio editore, non è mai intervenuto e ho sempre avuto la massima libertà di espressione, il giorno che non mi sentirete più è perché questo non esiste più”. 

E dei “marziani” che ospiti che ci dici? 
“Perchè non conosci i demoni che ospito nella mia mente…” 

Che radio farai domani? 
“Il mio speaker preferito sono io. Che radio farò domani? Perché sei cosi convinto che io domani faccia radio? Vedi, la radio è come il calciatore. Devi capire quando è il momento di uscire in trionfo piuttosto che rimanere uno dei tanti”.