Gabriele Pasquali: oggetti, colori, immaginazione e spoporzioni nella sua pittura ispirata a Chagall

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Gabriele Pasquali: oggetti, colori, immaginazione e spoporzioni nella sua pittura ispirata a Chagall

Colori, toni, luci, ombre, illusione di spazi e di forme, variazioni, proporzioni e sproporzioni, rese e ricchezze della tecnica, velature, impasti. Fino ad arrivare all’olio su tela. È con Gabriele Pasquali che, oggi, facciamo un viaggio affascinante nella pittura con i suoi quadri, molti dei quali ancora senza nome.
Il percorso artistico di Pasquali muove i primi passi tredici anni fa, in un momento di ispirazione e curiosità, che cavalca grazie a una guida illuminata: Elverio Veroli, famoso pittore di Tivoli. È un corso di pittura attivato a San Vito Romano, suo paese di origine, che segna l’inizio di questa avventura artistica. Il suo maestro percepisce che c’è più della semplice curiosità nelle sue prime pennellate e lo guida con maestria attraverso i sentieri intricati della creazione artistica, spingendolo ben oltre i confini dell’acquerello verso la robustezza dell’olio, una tecnica che richiede pazienza, cura, tecnica e soprattutto tempi lenti. Caratteristiche che, all’inizio, non sembravano assecondare le peculiarità di Pasquali: poco paziente, anelante, smanioso, impulsivo, quasi ansioso di vedere subito il risultato. Ma è proprio attraverso la guida di Veroli ed i preziosi consigli della sua amica pittrice Anna Trinchieri che Pasquali impara, un po’ alla volta, a trovare l’equilibrio tra l’istinto e la pazienza, scoprendo che l’arte non è solo definizione, ma un’espressione fluida di pensieri e suggestioni.
La sua arte, un’osservazione acuta della realtà e improvvise sensazioni trasmesse dalle cose più che dalle persone, si manifesta attraverso gli oggetti quotidiani: bottiglie, finestre, frutta, fiori, palloncini. Questi elementi diventano i simboli di una ricerca interiore, di qualcosa che va oltre la superficie visibile, un’esigenza personale di trasmettere sensazioni senza necessariamente comunicare qualcosa di preciso e definito.
Lo dice chiaramente Pasquali che non vuole comunicare con la sua arte; dipingere per lui è una necessità personale, che nasce da un pensiero, un’intuizione, una suggestione, da quello “stupore” di Aristotele che scatenarsi da qualsiasi cosa, un albero anonimo in città o panni stesi al balcone. Quindi, si ferma, pensa a quel particolare, a quel colore, intravede una cosa che dà vita a una riflessione più ampia, più profonda che lui restituisce attraverso le sue opere.
Pasquali, un animo eclettico attratto dalle arti in generale, trova così nella pittura il suo mezzo di espressione privilegiato. Le bottiglie che ricorrono nelle sue opere diventano non solo contenitori materiali, ma metafore di una incessante ricerca o del bisogno di riempiere qualcosa. Il suo sguardo è certamente debitore a Chagall, nel tentativo di abbracciare la libertà delle proporzioni perdute per dare vita concreta al suo mondo onirico. Per questo la bellezza per lui non è legata alla razionalità delle proporzioni, ma all’equilibrio dell’immaginazione. Attraverso i suoi quadri, si rivela al mondo, narrando la sua storia. Ed è così che ogni pennellata diventa un frammento della sua vita, un’esperienza che viene trasformata in forme e colori.
Il giallo, il blu, il rosso, il viola, il verde. Il colore per lui rappresenta la possibilità di giocare con le tonalità, enfatizzando gli oggetti, creando armonie cromatiche che rivelano prospettive che non sempre rispettano la geometria degli spazi e delle proporzioni. Ne è un esempio il suo “Omaggio a Chagall”: una sedia piccola, un mazzo di fiori enorme, un tavolo che a malapena lo contiene, una barca che spunta all’improvviso, la luna, un cipresso, un blu di fondo che ci parla di unità, che esprimono, solo perché tutti insieme, una completezza e un’armonia data proprio dalle imperfezioni.
Perché anche il cielo per lui non è solo colore, è dimensione essenziale e comunicante: scuro o chiaro che sia, nei suoi quadri non è sfondo, è presenza, elemento necessario per comprendere cosa sta sopra, sotto e dentro. Un cielo che spinge a guardare, che definisce l’orizzonte, ma che non è limite, ma mezzo indispensabile per la comprensione. Così è in “Natura viva”: uno squarcio di azzurro, un lenzuolo steso sullo sfondo del mare, poggiato quasi su un muretto, in cui si intravede anche un profilo che Pasquali ritrova lì quasi per caso.
E così, dopo tredici anni di tentativi e creazioni che ritraggono oggetti che sembrano non scelti da lui, ma che, al contrario, lo colpiscono, lo puntano, lo catturano e lo scelgono tra intuizione e immaginazione, Gabriele Pasquali, sull’orlo delle 50 primavere, si prepara al suo primo evento pubblico, in collaborazione altri artisti; un’occasione per condividere la sua personale ricerca dell’equilibrio tra il visibile e l’invisibile, il razionale e l’immaginario. Sono venticinque i dipinti che porterà all’“Incontro d’arte” in fase di allestimento a Tivoli e che aprirà le porte, dal 16 al 19 giugno, nella cornice delle Scuderie Estensi.

Scritto da RICCARDO DIFFIDENTI