Clemente J. Mimun: “Long John era il più grande”

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Clemente J. Mimun: “Long John era il più grande”

detail“Mio fratello è figlio unico perché dice che Chinaglia non può passare al Frosinone”. Erano gli anni Settanta quando il grande cantautore Rino Gaetano, segretamente laziale,  un po’ come Lucio Battisti, nominava a modo suo Long John in uno dei suoi brani più belli nei quali, in un’epoca ancora molto ideologizzata, Rino cantava l’individualismo beato e maledetto dei “soli”, unici nella buona e nella cattiva sorte. Praticamente una foto, un nome e un cognome: Giorgio Chinaglia, l’eroe pallonaro dei due mondi. L’autore, insieme a Tommaso Maestrelli, del primo scudetto della Lazio, la squadra che ha portato il calcio a Roma che da italoamericano ha portato il calcio divertente negli Stati Uniti d’America cantando “I’m football crazy” singolo uscito su disco, composto e suonato dai fratelli Guido e Maurizio De Angelis, i musicisti degli spaghetti western con Bud Spencer e Terence Hill. Altri anni, altro calcio. Dal sapore della favola che non poteva finire con una morte triste e solitaria, lontano dalla sua Roma, e una sepoltura nell’anonimo cimitero di Naples negli Usa. Come se Giorgione fosse uno dei tanti e non Giorgio Chinaglia, il grido di battaglia di un popolo intero. Il popolo della Lazio. Giorgio doveva ritornare a Roma, lo voleva fortemente da vivo. Più che mai ora che, dallo scorso primo aprile è volato via col suo spirito, ciò che resta del corpo merita una degna sepoltura nella sua Roma. Una comunione di volontà che ha trovato tutti d’accordo: in primis l’ex moglie Connie, quindi la famiglia Maestrelli coi figli gemelli del grande allenatore biancazzurro. A dare la notizia non potevano essere altri che i lazialissimi redattori del Tg5, peraltro a pochi giorni dal primo anniversario della scomparsa di Andrea Pesciarelli , il geniale e, pure lui lazialissimo, notista politico del tg di Canale 5 morto in un tragico incidente stradale sul Lungotevere. La vita e la memoria ancora una volta giocano a carte con la sorte, così il direttore Clemente J Mimun, forse il più laziale di tutti, ha calato il jolly e da cronista di razza ha dato la notizia per primo.

Direttore, il Tg5 ha commosso tutti dando per primo una notizia sognata quanto inattesa da tutti i tifosi della Lazio: il ritorno a Roma della salma di Giorgio Chinaglia. Come è nato questo “scoop”?
“Il mio vice Andrea Pucci, altro laziale, aveva sentito parlare di questa ipotesi. Fortuna ha voluto che l’avvocato Ruggero che se n’è  occupato in modo risolutivo fosse un suo caro amico. Io avevo chiesto al capitano Pino Wilson qualche settimana fa. Poi  Guido Del Turco, autore del servizio, lazialissimo anche lui,ha sentito Massimo Maestrelli e abbiamo trovato tutte le conferme…”

Lei, direttore, non ha mai nascosto la sua lazialità. Cosa significherà questo avvenimento per la città di Roma e per i tifosi della Lazio?
“Per noi laziali è una grande emozione, una cosa bella, anche se malinconica. Maestrelli e Chinaglia sono nel nostro cuore e nel nostro Pantheon, indimenticabili. Penso ad altri che hanno avuto un destino crudele Re Cecconi, Frustalupi, quanti dolori nella nostra storia, ma anche sentimenti forti. Per essere laziali bisogna essere un po’ come i blues brothers,quando il gioco si fa duro,i duri cominciano a giocare…”

Cosa ha rappresentato per lei Giorgio Chinaglia? Giorgione era davvero “figlio unico” come lasciava intendere Rino Gaetano in una sua famosa canzone?
 
“Andavo a vedere Chinaglia quando avevo diciassette anni, mi divertiva la sua corsa ingobbita, il fatto che rispondesse colpo su colpo anche ai difensori più arcigni. Segnava, faceva segnare, caricava la squadra come nessuno è più  riuscito a fare né alla Lazio,né altrove. Un gran giocatore ed un ragazzo di gran cuore,ha fatto anche tanti errori, ma era uno di noi”.

Ci sbagliamo o questo servizio è l’ennesima conferma del cuore particolarmente biancazzurro che batte al Palatino nel cuore del Tg5? I tifosi della Lazio non hanno mai dimenticato il suo notista politico Andrea Pesciarelli…
“Al Tg5 ci sono diversi laziali,ma anche romanisti,juventini,interisti.Strano,ma vero,ci sono pochi milanisti.Lo so che i niostri tifosi volevano bene ad Andrea Pesciarelli.Al Tg5 c’è suo figlio Iacopo,che io chiamo Pesciolino…”

Sempre nello stesso servizio in sottofondo si riconosce l’eco di un altro cuore biancazzurro piuttosto sottaciuto, quello di Lucio Battisti. Gli anni Settanta, quella musica e il cuore verace e appassionato di artisti come Lucio e Long John. Quanto mancano e quanto potrebbero dare ancora alla città di Roma e all’Italia di oggi?
“Chinaglia è stato il più grande per noi e spiace che se ne sia andato per sempre alla sua età. Non so se Battisti era laziale, ma se così fosse stato, sarebbe bello trovare in qualche cassetto un inno dedicato al nostro team”.

La testimonianza romantica (non nostalgica) e la memoria sana possono essere valori da riscrivere nel vuoto di oggi che aggrava se possibile il livello di crisi generale, specie economica, che viviamo in quest’epoca? In poche parole, da cronista appassionato, come racconterebbe quegli anni a un ragazzo nato dopo il 1989?
 
“Si andava allo stadio anche cinque ore prima. Se si aveva qualche lira in tasca si comprava un panino un po’ raffermo e una birra (quasi sempre calda) e si aspettava il fischio d’inizio preparando i cori . Si vedeva la partita in curva,malissimo,e poi si trascorreva mezza settimana a parlare di quel match e altra mezza a far previsioni sul successivo. Qualche volta con le tifoserie più antipatiche volava qualche schiaffone,ma i tempi dei razzi e dei coltelli non erano allora neppure immaginabili. Allo stadio andavano anche ragazzini e le famiglie. Era un rito collettivo cui partecipavo con entusiasmo anche se per tanti anni si è vinto poco o nulla. Ma quando Lenzini ha cominciato a fare il giro di campo seminando sale,con l’arrivo di Maestrelli, Giorgione e di quei ragazzi che ci fecero gioire nei primi anni 70,la Lazio diventò la squadra più bella d’Italia. Abbiamo vinto un campionato ma potevamo vincerne almeno due. Bei tempi lo scudetto certo,ma perfino lo spareggio per evitare la serie C. Grandi sofferenze,ma quante emozioni…”

Daniele Priori