“Il segretario nazionale del Partito Rivoluzione Animalista, Gabriella Caramanica, tramite una nota stampa, commenta gli interventi della Regione Abruzzo in materia venatoria, in vista della conclusione della stagione: “Come richiamato dal WWF Italia, tengo a esprimere la linea politica del nostro partito relativamente alle ordinanze del presidente della Regione Abruzzo in materia venatoria. Prendiamo atto di come in Abruzzo, a discapito di privati cittadini e dei nostri amici animali, in spregio anche alla legge nazionale 157/92 – che tutela il diritto dei cittadini a non veder esercitare attività venatorie sul proprio suolo -, siano non soltanto disattese le norme, ma addirittura si incoraggino antinomie rispetto a tale legge, finanche in palese distonia con i più recenti Dpcm limitanti lo spostamento di persone su territorio regionale in zona arancione e rossa”.
Entrando nello specifico, il Segretario nazionale di Rivoluzione Animalista sostiene: “È stato possibile per i cacciatori spostarsi sul territorio regionale dell’Abruzzo grazie all’ordinanza numero 108 del 12 dicembre 2020 del Presidente della Regione Abruzzo per praticare attività venatoria. Una ordinanza inaccettabile e illogica, a nostro giudizio. Ricordo infatti che l’attività venatoria si pone notevolmente a sfavore degli animali, non garantisce affatto l’equilibrio faunistico, ma anzi mette a repentaglio l’incolumità degli stessi cittadini abruzzesi. La legge nazionale sulla caccia (n. 157/92), inoltre, ben chiarisce la funzione e gli obiettivi dell’attività venatoria, il cui esercizio non si può qualificare di pubblica utilità, essendo peraltro svolto sulla base di una concessione e in maniera subordinata rispetto al preminente interesse di conservazione della fauna selvatica, quale patrimonio indisponibile dello Stato. Ma forse questo il presidente Marsilio e alcuni suoi colleghi sembrano averlo dimenticato: non è ammissibile che le Regioni si avvalgano, in maniera strumentale – conclude critica Gabriella Caramanica -, di provvedimenti emanati in condizioni di emergenza al fine di consentire un’attività che dovrebbe essere limitata per ridurre i rischi sanitari, addirittura attribuendole una funzione che non le appartiene”.